Testo integrale
dell'intervento radiofonico su Radio Mater
UMANESIMO CONTEMPORANEO
CERCASI...
Ad iniziare da Lunedì 17 Agosto, RADIO MATER (per le
frequenze delle varie regioni consultare sito www.radiomater.org ) ha sviluppato
un'approfondita serie di interventi culturali in vista del 5° CONVEGNO
ECCLESIALE NAZIONALE che si terrà a Firenze dal 9 al 13 Novembre prossimo e
vedrà anche la partecipazione finale del Santo Padre. Sul tema del convegno “IN
CRISTO GESU' IL NUOVO UMANESIMO” sono stati chiamati a riflettere teologi, biblisti, filosofi, educatori.
Da un'ottica filosofica è stato invitato a produrre una sua
riflessione in due “blocchi” anche FRANCO BANCHI. Il primo, già andato in onda,
può essere sintetizzato dal titolo “UMANESIMO CONTEMPORANEO CERCASI...”. Questo
primo “blocco” è articolato su tre interventi: 1. L'uomo nell'era
dell'Umanesimo perduto; 2. Per una corretta relazione tra uomo contemporaneo e
Dio; 3. E' ancora possibile un Umanesimo?
Riproduciamo a seguire la trascrizione integrale
dell'intervento radiofonico. La seconda parte verrà riprodotta ed inserita in
rete dopo la messa in onda, prevista per il 31 agosto, a partire dalle ore
13.00.
L'UOMO NELL'ERA DELL'UMANESIMO PERDUTO
Potremmo titolare questa prima conversazione “NUOVO
UMANESIMO CERCASI...”
E' proprio questa la mia ponderata e convinta
impressione, non emotiva. Quasi un atteggiamento socratico, maieutico.
Proprio da Firenze, culla dell'Umanesimo, ci proviene il
paradigma da confrontare, la pietra di paragone.
Intanto, le pre-condizioni culturali, oggi potremmo
chiamarle “laiche”. Mi torna in mente Pico della Mirandola, secondo cui uomo
significa essenzialmente LIBERTÀ e DIGNITÀ.
Binomio allora ed oggi inscindibile. Sostiene sempre Pico:
l'uomo è l'unico essere che sceglie la propria natura. Non nasce nè angelo nè
animale.
Dunque, si gioca tutto intorno alla propria essenza. La
dignità gli impone di diventare in atto quello che è già in potenza.
Ecco il punto! Il passaggio dalla cultura alla fede. La
libertà rimanda alla dignità ed entrambe al senso del fine. E' la realizzazione
del fine che valorizza il percorso.
Come il ferro è attratto dalla calamita – scrive Aristotele
– così la potenza tende all'atto. In tal modo è l'atto che ci realizza
compiutamente.
E per noi l'atto, il fine, il senso compiuto è Dio. Ecco,
allora, che l'uomo ritrova il vero umanesimo solo tendendo a Dio. Jacques
Maritain avrebbe parlato di “umanesimo integrale”. Ed è il suo maestro, S.
Tommaso d'Aquino, a delineare il fondamento ed il fine dell'umanesimo ovvero,
detto nel lessico del tempo,del corretto rapporto tra personalismo ed apertura
alla trascendenza divina.
Ed il vettore, la freccia che porta l'uomo al
perfezionamento è il Bene. Scrive al riguardo l'immenso S.Tommaso: “Il Bene è
una relazione che tutte le cose mantengono con la perfezione; il compimento
realizzativo di cui hanno bisogno”.
Allora, se la dimensione
per l'uomo “realizzante” non è solo quella naturale e terrena, ci vuole
una spinta, un moto ulteriore, un salto aggiuntivo.
Ecco la magistrale conclusione di S. Tommaso: "Tutto quello
che l'uomo è, che può e che ha, è ordinato a Dio".
L'umanesimo, a nostro parere, non può spiegare se stesso con
una mera ottica antropocentrica. Se così fosse, l'umanesimo rischierebbe di
essere un'autentica Babele. Chi verticalizza l'umanesimo, inverandolo,
ordinandolo e “riducendolo” ad unum è solo e soltanto Dio.
PER UNA CORRETTA RELAZIONE TRA UOMO E DIO
Il vero Umanesimo è integrale o non è niente!
Esso è inscindibilmente radicato nell'humus della relazione.
Ma c'è relazione e relazione...
Il secolo scorso, il famoso Novecento, ha sperimentato
strade errate in tale ambito.
E penso a F. Nietzsche, maestro del nichilismo. Per lui
l'uomo (leggi oltre-uomo) sarebbe diventato tale solo dopo aver compiuto una
capriola esistenziale ovvero "togliere la testa dal cielo e metterla sulla
terra, anzi in terra". L'uomo diventa così niente più che “natura coltivata”.
Tutto il pensiero di Nietzsche è riassumibile con la
seguente espressione: “Uomo, sii fedele alla terra, cioè a te stesso!”.
Non ci sembra essere questa la via della relazione autentica
che conduce alla completezza non effimera dell'uomo. Quella di Nietzsche più
che una relazione aperta appare come una fedeltà auto-referenziale. Al centro,
cominciamento e fine di ogni cosa, solo l'io, anzi un super-io.
Questo significa mettere l'uomo creatura al posto di Dio
creatore. E' per questo, consequenzialmente, che il più che uomo è oltre la
verità, al di là del bene e male stessi.
A questo punto è lecito porsi una domanda cruciale: quanto
di questa cultura è passata nel nostro relativismo, quello invasivo e
tentacolare del terzo millennio?
Secondo noi, molta, moltissima, decisamente troppa.
L'alternativa, a nostro parere, è un'altra. E passo a citare
una risposta di Jean Guitton, il primo intellettuale laico a partecipare al
Concilio Vaticano II. Ad una domanda dell'intervistatrice, che chiede quale sia
la più bella occupazione dello spirito umano, il filosofo francese, ormai alla
soglia dei novanta anni,risponde così: “Evidentemente quella di pensare a Dio. Una santa come Teresa del Bambin Gesù si è fatta carmelitana a 15 anni per
vivere in un convento dove si poteva pensare a Dio dalla mattina alla sera”.
Dunque, altro che capriola niciana! La nostra vita è
relazione con il Cielo, tesa a portare verso l'alto il frutto della nostra
migliore umanità.
E' ANCORA POSSIBILE UN UMANESIMO?
La risposta a questa domanda è SI'. Ma occorre discernere il
vero umanesimo da quello falso o, peggio, ingannevole.
A mio parere, occorre avere e tenere bene tra le mani una
bussola che indichi inequivocabilmente il percorso. Ecco i punti fermi di
questo viaggio virtuoso.
Primo caposaldo è la persona. Il futuro di un possibile
umanesimo è proprio il ripristinato valore della persona, a livello sia
sostanziale che lessicale. Infatti “persona” non è individuo, che è, invece,
una monade separata, frammentata, disperatamente alla ricerca di un'improbabile
auto-sufficienza.
Ma la persona non è da annullare neppure nella massa. Essa
non è un insieme indistinto ed omologabile o, come sosteneva Marx, un “essere
generico”.
La persona, nell'accezione che a noi piace, frutto della
chiarezza dei grandi pensatori medievali, non è dunque né individuo né massa.
La persona è una sostanza unica ed irripetibile, originale, portatrice
inconfondibile di un progetto esclusivo, aperto alla piena relazione con ciò
che la completa, invera e realizza.
Secondo caposaldo è la comunità. Non quella fatta di
soggetti interscambiabili, che la storia spazza via in nome di un indefinito
progresso dell'umanità di stampo positivistico.
Mi torna in mente quella plastica immagine (tante volte
viste nelle vecchie tv in bianco e nero) che campeggiava sulla Piazza Rossa di
Mosca durante le parate del regime comunista. Gigantografie di profilo ed in
sequenza di Marx, Lenin, Stalin...Breznev. Come dire: l'uomo singolo perisce,
la storia del progresso, la filosofia della prassi prosegue indefinitamente e
vince.
Noi abbiamo un'altra concezione della storia, fondata
proprio su una diversa ed opposta filosofia del personalismo comunitario (che
si configura come terzo grande caposaldo).
La comunità che per noi vale è quella descritta nel Vangelo
di Matteo, cap. I.
E' la genealogia di Gesù, insieme sequenza nel tempo degli
uomini e storia della salvezza: “Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, di
Abramo... Giacobbe generò Giuseppe (lo sposo di Maria) dalla quale è nato
Gesù chiamato Cristo”.
Come dire che la comunità vera ha sempre una doppia
dimensione: quella storico-orizzontale, degli uomini e delle donne che vivono
nel tempo, e quella spirituale-verticale, legata alla storia della salvezza,
che non si ferma al tempo cronologico.
E le due dimensioni si intersecano proprio in Cristo. Ecco
perché ha ragione G.B. Vico quando dice che, nella storia, creatività umana e
Provvidenza divina si incontrano e nobilitano.
***
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